Andrà tutto bene. Ma ne siamo davvero così sicuri?
Era il 25 febbraio ed ero in Germania per il Carnevale. Ero partita nervosa perché il Coronavirus era già in Europa, anzi già in Italia.
Camminavo per la strada come un agente 007 per prevenire il contagio e proteggere mio figlio, pronta a disinfettare le mani con l’Amuchina.
Nel frattempo in Italia stava scoppiando il panico. Arrivavano immagini sconcertanti di scaffali vuoti del supermercato e le prime battute: “agli italiani non piacciono le penne lisce neanche durante le emergenze”. Da lontano guardavo quelle immagini e mi chiedevo “ma sarà vero? Forse esagerano?”. I telegiornali dicono che muoiono solo le persone con patologie pregresse, ma saperlo non mi conforta.
Il rientro in Italia avviene il 26 febbraio. In aeroporto, all’arrivo, ci misurano la febbre. Capisco che la situazione è seria e il nemico subdolo, forse troppo potente.
Andrà tutto bene
Dopo neanche 10 giorni chiudono le scuole e ci consigliano di stare a casa. Ma la comunicazione, soprattutto all’inizio, è solo un insieme di informazioni fuorvianti che lasciano troppo spazio alle battute. Ogni affermazione viene contraddetta dal vicino e intanto i numeri crescono. In pochi giorni la situazione è sfuggita di mano.
Gli ospedali già al collasso. I medici si contagiano, in alcune aree i morti aumentano ogni 15 minuti. Vediamo immagini di chiese piene di bare, i camion in fila che portano le bare altrove, sono finiti anche i posti nei cimiteri.
Eppure la gente continua a scherzare. Andrà tutto bene, ci diciamo. La paura fa agire d’istinto e 40.000 persone lasciano Milano per tornare da mamma al Sud senza pensare che possono essere veicolo di contagio lungo il tragitto, ma soprattutto possono portare il virus al sud dove i genitori o i nonni diventerebbero bersagli.
Tutti a casa. Ma c’è chi va a fare jogging, i pic-nic, i brindisi … mentre in ospedale si muore. Anzi a dire il vero si muore anche in casa.
C’è chi continua a viaggiare ed esporta un virus già letale in terre già provate e non in grado di sostenere o contenere un eventuale contagio. C’è chi parte e rimane bloccato nell’impossibilità di rientrare.
Eppure molti di questi eventi erano evitabili. In fondo solo una cosa ci era stata richiesta: stare a casa.
E così dopo l’Italia, la Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, Gran Canaria, India, Australia.
Il mondo si sta infettando, chiudono le frontiere.
No, non andrà tutto bene
Ma la gente ha ancora voglia di scherzare e si organizzano raduni per sentirsi meno soli, il che è bello nell’intenzione ma la gente ci prende la mano e i flashmob diventano feste sui terrazzi. Serve sdrammatizzare, però i morti aumentano e allora facciamo che quei canti accompagnino i morti.
Per un momento persino il mio innato e potente ottimismo traballa di fronte al troppo egoismo, la troppa leggerezza, l’eccessivo desiderio di sdrammatizzare che vanifica ogni sforzo. Non è questo che ci deve insegnare una pandemia, una pandemia capito? Non una banale influenza.
Come ogni esperienza, anche una pandemia può rivelarsi un’opportunità.
In primis al silenzio, alla contemplazione…
… nel concepire un futuro diverso da ieri perché ieri era sbagliato, fortemente sbagliato, poggiato su modelli economici e non umani. Il domani sarà diverso comunque, ma il come sarà dipende da come lo trattiamo oggi.
Se ci si vuole ancora solo divertire, prendendo in giro le istituzioni, inneggiare alla propria libertà per portare il male altrove allora no, non andrà tutto bene. Per nessuno. In tanti perderanno il lavoro, le famiglie scoppieranno (più di ora), i bambini saranno un branco di ignoranti non educati. Oggi invece possiamo scegliere, in questo congelamento del tempo, di essere persone diverse domani.
C’è qualcosa che possiamo fare?
Questo fermo immagine ci permette di riscoprire la vita insieme a casa, stare insieme, cucinare, essere per l’altro, avere tempo per l’altro, avere tempo, quello che ci sfugge sempre. E quando si riscoprono le cose belle, queste non sono più sindacabili. Non è la corsa al parco quando in giro c’è un virus che potenzialmente potresti portare a casa, non è il tuo benessere perché così quando torni in ufficio c’hai il fisico prestante o superi la prova costume. Sono pensieri che devono essere lasciati al passato.
Le cose belle di cui parlo sono lo stare insieme, il chiudere il televisore, bandire programmi osceni che servono solo per far girare soldi in cambio di scemenze. La rivoluzione deve essere culturale e per questo – vedendo e leggendo tanto in questo periodo – la vedo rischiosa.
Non andrà tutto bene.
Mi piacerebbe ancora sognare un mondo diverso e continuerò a farlo come i visionari, per mio figlio perché magari non riuscirò io, ma lui sì, quando sarà grande. Quello che oggi ancora vedo è una triste, tristissima cartolina di un mondo fatto da una parte della popolazione che pensa solo a se stessa.
Io?
C’è una bella frase di Roosvelt: “i cretini pensano di avere ragione, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.
Io ci provo a creare un mondo migliore, ma non posso farlo da sola.
No caro amico che mi stai leggendo, non andrà tutto bene.
Però puoi scegliere di fare qualcosa. Da ora.