Mamma ti ricordi in Nuova Zelanda …
Da quando siamo tornati a Roma, c’è un continuo ripescare momenti del viaggio come fossimo maghi con il cappello dalle mille sorprese. In 4 mesi ne sono successe di cose.
Abbiamo cambiato orizzonte varie volte, ci siamo ritrovati a testa in giù, con il giorno scambiato con la notte, con le stagioni al contrario. Siamo partiti dall’Italia in primavera e ci siamo immersi nell’autunno neozelandese. Abbiamo lasciato la nostra casa romana; per un mese abbiamo dormito in una stanza in tre mentre la nostra barca era in rianimazione e per tre mesi abbiamo vissuto in barca. Gabriele ha frequentato la scuola in Nuova Zelanda ed è impazzito per i tanti giochi all’aperto.
Quattro mesi non sono pochi, sono un terzo di anno. Una bellissima opportunità per conoscere, scoprire, crescere insieme.
Educare viaggiando è per noi una scelta.
Educare viaggiando in giro per il mondo
La prima vera opportunità è avere quattro mesi di tempo per stare in viaggio. Il beneficio che se ne trae è lo stare insieme, come famiglia, 24 ore su 24, per quattro mesi.
Ma il viaggio è anche contaminazione, è la possibilità di vivere in uno stimolo continuo fatto di voci, immagini, concetti che assumono significati diversi nel passaggio ad esempio da una lingua all’altra.
L’educazione, intesa come formazione prima ancora che come buone maniere, viene spesso affidata alla scuola, alla quale si delega l’apprendimento delle nozioni. Eppure, parte integrante dell’insegnamento è l’esperienza e questa deve derivare per lo più dall’esperienza fatta in famiglia. Non è un caso che gli esperimenti servano proprio per comprendere concetti che altrimenti sarebbero astratti. Ecco il viaggio funge un po’ da esperimento. Se la scuola insegna la nozione, il viaggio forma nell’esperienza. Questa è naturalmente una semplificazione estrema. Scuola e famiglia dovrebbero sempre parlarsi e affrontare insieme la nascita di una Persona.
Ciò che trovo fondamentale è l’importanza del cambiare orizzonte per allenare la mente e imparare a guardare.
Credo fermamente al principio dell’educare viaggiando. Lo hanno fatto i miei genitori dandomi l’opportunità di viaggiare con loro sin da bambina e tento di farlo io, avendone a mia volta l’opportunità, con mio figlio.
L’essere in viaggio per periodi lunghi mi ha permesso, in questi anni, di formulare ipotesi e tesi. Quando partii la prima volta con mio figlio neonato non sapevo come sarebbe andata. Sapevo solo che volevo farlo, e mi sentivo di grado di sostenere un viaggio lungo due mesi. Ora a distanza di anni comincio a vedere i frutti della semina.
Ogni semina infatti lascia sempre in sospeso l’esito della raccolta.
Ora che il viaggio è andato avanti e noi siamo riusciti a rinnovare la promessa della partenza e del ritorno, capisco che tanti sforzi non sono stati vani. Anzi, a vederlo da lontano, questo viaggio che si realizza lentamente appare una risorsa inestimabile. Dalla Polinesia Francese alle Tonga, dalla Nuova Zelanda alle Fiji e poi Vanuatu … un percorso tracciato con un indelebile su una mappa.
Avevo già scritto un post sull‘importanza del viaggiare con i bambini, poi ne ho scritto un altro sul senso del costruire ricordi … perché sì, i bambini ricordano, con questo sottolineo la bellezza del poter educare un bambino (ma non solo, vale anche per noi adulti) viaggiando.
Questi 4 mesi di viaggio, 4 mesi in viaggio, mi hanno confermato che educare viaggiando non solo è possibile, ma è di grande sostegno nello sviluppo cognitivo di un bambino.
Educare viaggiando vuol dire:
– Rafforzare un rapporto di fiducia genitore-figlio
– Educare alla meraviglia e allo stupore
Educare alla meraviglia è fondamentale perché si tratta di educare al Bello. Vuol dire aprire porte e mostrare percorsi alternativi. Vuol dire riconoscersi nel mistero della vita, essere persone aperte.
– Educare alla diversità e all’adattamento
Parole chiave di questi tempi bui. Diversità e adattamento. Il riconoscimento della diversità è un valore che nasce dall’abitudine. L’adattamento nasce dalle esperienze. La mancanza di confronto con l’altro, così come l’assenza di momenti in condivisione, genera intolleranza. Dall’ignoranza (colui che ignora) nascono la maggior parte dei conflitti.
– Educare alla gratitudine
Viaggiare stimola l’empatia. È incontrando l’altro che si guarda con maggiore curiosità a se stessi e al mondo. È ascoltando le storie altrui che nasce il desiderio di conoscere l’uomo. Sono le esperienze vissute che insegnano a rendere grato l’uomo.
Educare viaggiando: tornare a casa
Si impara per esperienza. Si impara a nuotare dopo aver imparato una tecnica, così come si impara ad andare in bicicletta dopo aver imparato a stare in equilibrio su due ruote. Per imparare a leggere e scrivere ci si allena dopo aver capito il funzionamento di vocali e consonanti. Più ci si allena, più il compito diventa semplice. Così il viaggio. Più cose si vedono, più esperienze si sommano, più immagini andranno a formarsi nella mente del bambino.
Mi chiedo, ogni volta che ritorno, come integrare queste tante esperienze nella quotidianità romana, fatta di impegni, incastri e corse da una parte all’altra. Il cambio passo non sempre è facile, certo non è automatico, ma la sensazione di aver fatto qualcosa di buono allontana gli inevitabili dubbi. Educare viaggiando alla fine è una attitudine che nel cambio passo mi segue anche nella casa di Roma.
Un bambino ricorderà una cosa perché ne ha fatta esperienza e questo è e sarà sempre il valore incommensurabile del viaggio.
PS. Non serve andare dall’altra parte del mondo per vivere l’esperienza del viaggio. 😉