Tra le esperienze curiose alle Fiji ce n’è una davvero particolare. Siamo arrivati da poco a Fulaga, da molti considerata la perla del Pacifico. Ce lo hanno descritto come un posto unico, per la natura rigogliosa ma soprattutto per le persone.
Con la nostra Host Family stiamo consumando il nostro primo pranzo. Raccontiamo del nostro viaggio, dei luoghi già visitati e dei nostri progetti futuri. Siamo grati, profondamente, perché dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per arrivare qui ci sentiamo accolti in Paradiso.
Cosa volete vedere a Fulanga? ci domandano.
Noi, visibilmente impreparati e pronti ad accogliere qualsiasi esperienza, rispondiamo ingenuamente.
Ci piacerebbe visitare il villaggio, la scuola, conoscere le vostre abitudini, trascorrere del tempo con voi… tuttavia, è la nostra prima volta qui, ci affidiamo a voi. Guidateci voi nelle bellezze di questo luogo!
Jay inizia a parlarci di una grotta antica appena fuori il villaggio, sul sentiero che sale su per la montagna. Per me la parola “grotta antica” significa avventura. Continua a raccontare:
Ci andava il nonno di mio nonno … ci sono ancora dei teschi…
La grotta dei cannibali! – Esulto con l’entusiasmo di chi ha appena scoperto un tesoro.
Per settimane, da quando siamo arrivati, ho rincorso le tracce di questo passato, invano. È tutto il viaggio che faccio domande sul cannibalismo, una parte importante della loro storia, ma non ho mai ricevuto risposte vere … ho avvertito sempre reticenza… nessuno sa per ignoranza (hanno forse dimenticato?) noncuranza o timore di essere giudicati. A me non interessa il giudizio, quanto cogliere un aspetto così fondamentale della loro cultura.
Mi colpisce la normalità con cui ne stiamo parlando. Si vede che qui la parola turismo di massa è priva di significato.
Oggi – prosegue Jay – non siamo più cannibali. Oggi noi andiamo in chiesa.
Ride, mentre tra noi ci scambiamo sguardi compiaciuti. Siamo ancora a tavola 🙂
La salita su per la foresta non è semplicissima, ci si deve far spazio tra radici e arbusti. La grotta è ben nascosta e le ossa si intravedono da dentro un buco nella roccia. Scheletri scomposti, ossa, teschi. Ancora tutto intatto.
Mi avvicino con la curiosità morbosa di chi vuol vedere prima ancora di capire. Le domande seguono e Jay tenta delle spiegazioni.
Quando arrivavano i nemici dal mare questa era la postazione ideale. Si doveva stare in alto così da essere in vantaggio per catturarli. Una volta presi, venivano poi portati nella grotta e mangiati.
I motivi di queste rivalità tra villaggi (e isole) erano principalmente due. La conquista di nuove terre e, cosa ancora peggiore, la conquista delle donne. Si mangiavano tra loro per difendere i propri confini.
Una pratica – sottolinea Jay – oggi non più in uso.
Solo qui, in questo posto sperduto nel Pacifico, lontano da tutti e tutto, ho avuto un feedback sul cannibalismo da un giovane che raccontava del nonno di suo nonno.
In una società dove la tradizione orale assume ancora oggi una importanza così specifica, è un peccato che la gente non ricordi o semplicemente ometta per paura del giudizio occidentale. Eppure riconosco la supremazia del giudizio, esterno ma anche e soprattutto intimo, verso una pratica così cruenta.
Al Museo delle Fiji a Suva c’è una piccola sezione dedicata al tema del cannibalismo, dove con mia grande soddisfazione ho trovato altre tracce interessanti che mi hanno permesso di colmare vuoti e soddisfare curiosità.
Perché non si possono capire le Fiji, senza tentare di chiarire anche la connessione con il cannibalismo.
E io sono davvero grata di aver vissuto questa e altre esperienze curiose alle Fiji.