Ecco l’itinerario in barca a vela alle TONGA – le Friendly Islands.
Siamo stati più di un mese, girando da sud a nord e poi di nuovo da nord a sud. Un viaggio che ha già tanti significati. C’è il mio progetto di scrivere e viaggiare che prosegue verso Ovest grazie alla piccola Papayaga che ci conduce in luoghi altrimenti non accessibili. C’è il mio viaggio da sola con Gabriele alla scoperta del mondo per raggiungere Giovanni già in barca. C’è la scoperta del mondo via mare con la famiglia riunita.
La barca a vela è il mezzo migliore per visitare questi luoghi. Ti permette di visitare isole disabitate o semplicemente lontane dai giri turistici. Ti consente un avvicinamento lento con una graduale partecipazione alla vita del posto.
Incontrare le persone, vedere come vivono, partecipare alla loro quotidianità è il grande vantaggio di questi viaggi. La parte forse che a me regala maggiori emozioni.
Il mio primo incontro con le Tonga tuttavia è stato meno entusiasmante del previsto … la difficoltà ad avere le giuste informazioni prima della partenza, gli imprevisti durante il viaggio, il freddo appena arrivati … hanno rallentato il nostro ingresso nel paese. Poi è stata una sorpresa crescente che via via mi ha conquistata nonostante le tante contraddizioni. Ci vuole tempo per entrare nel ritmo di un popolo, ci vuole tempo per capire la logica di un paese. Ad un certo punto bisogna farsi da parte e osservare, come mettersi in ascolto. C’è una bontà insita, che per tanti versi chiamerei ingenuità, che trascina con sé tanta tenerezza. Sono gentili, sorridenti, se possono ti aiutano … ma spesso non hanno gli strumenti per aiutarti. Può essere un viaggio molto bello e interessante, basta stare lontani dalla burocrazia e dagli uffici amministrativi!
Questo è stato l’itinerario in breve da sud a nord – da nord a sud:
Tongatapu –
E’ l’isola dove sorge la capitale Nuku’Alofa e dove atterranno quasi tutti i voli internazionali. E’ un’isola grande, dove vivono il maggior numero di tongani. In realtà anche questo è un arcipelago di circa 30 isolette molto piccole.
Pangaimotu –
è una delle isole di fronte a Nuku’Alofa. Ottimo approdo per le barche a vela che ancorando qui evitano la confusione della città. Sull’isola non grande c’è solo un resort, il Pangaimotu Island Resort con il ristorante Big Mama Yacht Club.
Ha’apai –
Le Ha’apai sono le isole centrali di passaggio, c’è meno turismo ma sono molto più autentiche. Ci sono dei piccoli resort lungo la costa occidentale ma soprattutto ci sono le barche che navigano in questi mari sulla rotta verso la Nuova Zelanda. Sono 62 isole, di queste solo 17 sono abitate… vale la pena fermarsi e incontrare la gente dei villaggi. Fu proprio in queste isole che James Cook, dopo essere stato ricevuto con calore a Lifuka dove oggi sorge la capitale, decise di chiamarle The Friendly Islands. Non solo, qui avvenne anche il famoso ammutinamento del Bounty. Era il 28 aprile 1789. Le nostre tappe sono state Nomuka Iki e Haafeva.
Vava’u –
Le Vava’u raggruppano invece le isole più belle. Neiafu è la capitale delle Vava’u, nonché seconda città più grande delle Tonga. E’ una laguna dove è possibile visitare una spiaggia poi un’altra con grande facilità. Non ci sono grandi distanze. E’ un paradiso di circa 61 isole vicine tra loro, protette dai venti, tanto che l’altro nome di Neiafu è Port of Refuge. E’ un bel posto per nuotare con le balene, fare snorkeling, kayating o diving. Siamo stati diverse settimane qui, esplorando varie isole delle Vava’u, tra queste vi racconto Nuapupu (dove sorge il villaggio Matamaka) e Hunga, sulla punta estrema, ultima isola delle Vava’u prima di tornare in Oceano aperto.
Ha’apai –
da nord a sud dovevamo passare nuovamente dalle Ha’apai. La parte nord delle Ha’apai comprende una serie di isole strette e lunghe che si susseguono una dopo l’altra. Ci sono diversi ancoraggi e si possono esplorare lentamente. Noi ci siamo fermati ad Ha’ano, Nukunamo, poi Pangai, Uoleva per tornare ad Haafeva e a Nomuka Iki.
Tongatapu –
qui si è concluso il nostro giro alle Tonga. A Pangaimotu abbiamo aspettato la giusta finestra meteo per partire per la Nuova Zelanda. Così io e Gabriele abbiamo preso l’aereo per Auckland mentre Giovanni è partito con la piccola Papayaga per la Nuova Zelanda. Tre ore di volo contro dieci giorni di traversata.
E’ arrivato il momento di leggere l’itinerario completo. Troverai i commenti e i pensieri di un viaggio alla scoperta di nuove terre e culture (imprevisti compresi), come piace a me.
TONGATAPU
Arrivo a Tongatapu.
Tongatapu è l’isola più a sud, dista tre ore di volo dalla Nuova Zelanda, circa sei dall’Australia. Chiamata anche Sud Sacro è il punto di partenza per esplorare le Tonga. E’ qui che sorge la capitale Nuku’alofa ed è qui che io e Gabriele atterriamo con il nostro volo Air New Zealand da Auckland.
Il viaggio è stato lunghissimo … e noi siamo distrutti ma felici. In più abbiamo dovuto allungare ancora la durata del viaggio per un intoppo (o imprevisto) all’aeroporto di Auckland … qui puoi leggere l’intera storia:
https://7cc9.com/volare-virgin-australia-bambino/
L’aeroporto di Nuku’Alofa è talmente piccolo che ci sono gli spalti per vedere e salutare chi arriva – lì c’è Giovanni che si sbraccia! Sono 54 giorni che siamo lontani, abbiamo tante cose da raccontarci, sopratutto Gabriele che comincia a saltare e urlare per raggiungere il papà. Corriamo lungo la pista e entriamo in aeroporto, un’unica sala dove a mano ci scaricano i bagagli.
Giovanni ha organizzato già il taxi e così partiamo in macchina. L’aeroporto di Nuku’Alofa è un po’ distante dal centro città, circa 45 minuti. Per arrivare in barca dobbiamo prendere anche un water taxi perché le barche qui ancorano fuori città, in una piccola isola di fronte che si chiama Pangaimotu.
Pangaimotu è un isolotto di fronte alla capitale facilmente raggiungibile con un motoscafo veloce. Lì sorge un resort il Pangaimotu Island Resot, con il suo BIG MAMA YATCH CLUB, punto di ritrovo di tutte le barche in attesa della giusta finestra meteo per la Nuova Zelanda. Non è ancora aperta la stagione, fa ancora un po’ freddo e noi siamo l’unica barca all’ancora. Però il resort è sempre aperto, la Big Mama è lì, presente e attenta ai clienti che arrivano. Il resort ha alcune camere e un ristorante con un menù fisso di fish and chips e vari burgers. Si riempie di domenica perché ci organizzano gite di un giorno da Nuku ‘Alofa.
Così finalmente saliamo a bordo. La piccola Papayaga ha già navigato 1500 miglia da sola con il suo Capitano. Ha salutato la Polinesia francese per riposare a Suwarrow (isole Cook), riprendere il mare verso le Samoa e raggiungere le Tonga.
Ora il viaggio riprende. Tutti insieme. Abbiamo più di un mese davanti, ora l’obiettivo primario è riprendersi dal viaggio e dormire. Sì, abbiamo anche 13 ore di fuso orario!
Tutte le attività si svolgono nella capitale quindi torniamo a Nuku’Alofa per fare la spesa. Ci accompagna West, la nostra guida di fiducia. Ci porta in quattro supermercati diversi, lui sa cosa ci aspetta. Noi siamo ancora ignari. Bene, da ognuno usciamo con due o tre cose … qui non si riesce a fare una spesa come la intendiamo noi. Certo, lo immaginavo. Il problema è che qui gli scaffali sono pieni di taniche di ketchup e maionese, caramelle e patatine. Poi riso e biscotti. Cosa mangiano i tongani? Ci dovremo inventare qualcosa. La mia celiachia non aiuta. Meno male che ho portato il mio kit di sopravvivenza gluten free penso! Non avrei potuto farne a meno. I supermercati sono gestiti da cinesi e quindi anche i prodotti sono esclusivamente cinesi. Sono loro i prossimi padroni delle Tonga. A Nuku’Alofa hanno già aperto la Bank of China e stanno costruendo l’Ambasciata cinese, un palazzo enorme che svetta tra le case basse del centro. Il mercato Talamahu invece offre un’ampia scelta di frutta e verdura, oltre che un primo assaggio di artigianato locale.
Tutto ciò che serve è in centro, l’Ufficio del Turismo sul lungomare, il mercato Talamahu, le banche per cambiare i soldi … anche la residenza del Re è sul lungomare, una villa bianca con un grande prato curato che affaccia sul mare.
Ho dedicato un intero post a Nuku’Alofa. Lo trovi qui:
Dopo qualche giorno di riposo partiamo verso nord. Destinazione le Vava’u, descritte da tutti come un paradiso incontaminato. Le prime isole che incontriamo sono le Ha’apai, isole per lo più piatte con spiagge lunghe e sabbiose e palme altissime. Le Ha’apai sono un raggruppamento di circa 62 isole, di queste solo 17 sono abitate, solo 4 hanno la corrente elettrica. Le altre non hanno elettricità, acqua corrente (si usa l’acqua piovana) quindi telefoni e televisione. Alle Ha’apai abitano circa ottomila persone in trenta villaggi. Vivono di agricoltura e pesca, ma vivono comunque tranquilli perché ricevono soldi dai parenti espatriati!
Ci fermiamo a Nomuka Iki, dove avvenne il famoso ammutinamento del Bounty!!
Il tempo non è dei migliori e decidiamo di proseguire ancora verso nord. Ci fermeremo al ritorno se il tempo sarà bello. Nel frattempo navighiamo insieme alle balene! Ce ne sono due che dormono in superficie. Al nostro passaggio si svegliano e si immergono mostrandoci la bellezza indiscutibile della loro coda. E’ la stagione giusta per vedere le balene, se ne incontrano tante all’orizzonte che danzano e giocano nell’oceano.
Il tempo sembra stia migliorando e decidiamo di fermarci ad Haafeva. Il sole è caldo e la temperatura si è alzata. Possiamo scendere a terra con il costume.
Haafeva non è un’isola turistica, al contrario. C’è solo un villaggio di trecento persone. E’ una delle isole che mi ha regalato i momenti migliori. E’ una delle isole più grandi, circondata da spiaggia bianca e ricca di vegetazione all’interno. Il villaggio è nascosto e l’accesso è dalla spiaggia. Lì, seduta per terra sulla sabbia fina, una signora vestita alla maniera tongana, ci saluta. Indossa il gonnellino di paglia, è una delle donne anziane del paese. Non parla molto inglese e chiama altri membri della sua famiglia. Le chiediamo se possiamo attraversare il villaggio e poi il bosco per tornare alla nostra barca, lei si alza e ci accompagna. Quello che da fuori sembrava un bosco inaccessibile, si rivela una passeggiata piacevole a piedi nudi lungo un sentiero segnato. Ogni tanto ci facciamo strada con le mani, in alcuni punti l’erba è più alta e i cespugli invadono il sentiero, conosciamo i ragni tongani … piuttosto grandi per i nostri standard, fanno ragnatele alte tra gli alberi e hanno un corpo bianco. Impossibile non notarli, ma sono innocui, qui alle Tonga nessun ragno è velenoso. L’anziana signora ci mostra una buca nel terreno da cui prendono l’acqua dolce. Arrivati sulla spiaggia, ci presenta le isole di fronte, le chiama per nome evocando una storia che non arriveremo mai a conoscere. Ha lo sguardo pieno di orgoglio e a me basta per provare gratitudine per questo scambio perfetto nella sua imperfezione. La salutiamo con affetto, con la promessa di tornare sulla via del ritorno.
Proseguiamo ancora verso nord e insieme a noi, sale a bordo il mal di mare. Non vedo l’ora di arrivare … il mal di mare in barca mi annienta. Il vento cambia direzione ogni cinque minuti e mi sembra di stare su un ring di pugilato.
VAVA’U
Finalmente arriviamo alle Vava’u, a Port Maurelle. Passa tutto. E’ l’ancoraggio che immaginavo di trovare. Mare piatto, barca ferma, acqua cristallina e spiaggia bianca con una folta vegetazione dietro. Le Vava’u sono il vero luogo di villeggiatura delle Tonga. Se avete intenzione di visitare le Tonga con un’estensione dalle Fiji o dalla Nuova Zelanda, prendete subito il biglietto per Neiafu evitando di passare dalla capitale.
Qui la vegetazione è incantevole. In barca a vela si possono trascorrere giorni e giorni passando da una spiaggia a un’altra, da un villaggio a un altro, da un ancoraggio a un altro. Non sono affollatissime di turisti, anche se possono esserci molte barche. Di solito tutte le barche che transitano dalle Tonga aspettano di andare in Nuova Zelanda e così tutte le barche cominciano a muoversi più o meno contemporaneamente da nord a sud.
Neiafu è il punto di partenza, il rifugio sicuro da venti forti, ma è anche la seconda città più grande delle Tonga. Alcuni servizi sono garantiti come l’aeroporto, la banca, il mercato, la farmacia e alcuni ristoranti. Come per la capitale, i negozi sono affidati ai cinesi.
Anche per Neiafu ho scritto un post. Lo trovi qui:
https://7cc9.com/neiafu-vavau-cosa-mangiare/
E’ da qui che volendo si può noleggiare una barca per esplorare le altre isole oppure ci si può affidare a una società di diving per andare a nuotare con le balene. Sono stata contenta di averlo fatto! Ho vinto la mia resistenza e mi son tuffata in pieno oceano per fare una delle esperienze più emozionanti fatte fino ad oggi. Erano mamma e figlia balena. Ci siamo avvicinati lentamente a nuoto per non invadere il loro spazio e osservarle con discrezione. La mamma si è inabissata ma è rimasta immobile, giù, al di sotto dei nostri sguardi, proteggendo il suo piccolo e avvolgendolo con le pinne. E’ rimasta a lungo in questo tenero abbraccio, fin quando il piccolo è scivolato da sotto e ci ha raggiunti per giocare. Non pensavo si potesse giocare con una balena! Si faceva accarezzare le pinna come volesse darci il cinque, si rotolava lateralmente e sbatteva la pinna nell’acqua, poi la coda. Per una buona mezz’ora siamo stati insieme, condividendo un piccolo spazio in quell’immensità che è l’oceano.
Delle Vava’u ci sono altri due luoghi che vorrei segnalare.
Hunga: è un villaggio di pescatori. L’ingresso della pass è stretto e va fatto solo in determinate condizioni di luce. Una volta dentro però, si è in una laguna. In fondo sulla sinistra si intravede un piccolo molo dove galleggiano alcune barche piccole a motore, di quelle che i tongani usano per pescare. Un signore anziano ci chiede da dove veniamo, se abbiamo bisogno di qualcosa. Lui ha un orto con lime, papaie e pomodori. Ci promette di portarcele in barca l’indomani mattina, non è mai arrivato (ma ho capito che è normale). Dal moletto, una strada ripida che taglia la collina porta al villaggio. Vediamo subito che una sola strada di cemento raggruppa alcune case, poi ovunque è terra marrone. Anche qui, come ovunque nelle Tonga, maialini grandi e piccoli circolano liberi per i giardini. Alcuni cercano di entrare in casa come fossero cani. Seduto a terra, solo, c’è un anziano signore che ci saluta. Ricambio con quelle poche parole in tongano che ho imparato. Non sono abituati a vedere molti turisti, però sono tutti cordiali, ci scrutano a distanza. Per loro siamo Palangi, stranieri. Bastano pochi passi nel villaggio per capire che vivono con poco. Hanno dei cassoni verdi per raccogliere acqua piovana e non hanno elettricità. I bambini corrono scalzi, per strada non si vedono donne. Ne intravedo una accovacciata a terra in casa sua, mi affaccio con discrezione e vedo che sta intrecciando un tappeto, mi fa capire che non ha voglia di ricevere visite. Di solito queste sono attività che fanno in compagnia. Incrociamo una bimba di una decina d’anni che cammina abbracciando dei pesci, pigiandoli forte al petto per non farli scivolare, li sta portando da una casa a un’altra. Non parla inglese, ma vorrebbe comunicare. Torna indietro, fa un po’ di strada con noi con l’unica lingua internazionale che ci permette di capirci: il sorriso. Ci offre un pesce e noi volentieri glielo compriamo. E’ raggiante, quei soldini le hanno cambiato la giornata.
Matamaka – la vera sorpresa. Siamo tornati più volte in questo piccolo villaggio dell’isola Nuapupu. L’abbiamo vista di domenica, deserta, in un giorno feriale, sempre calma e tranquilla. L’abbiamo vista in diverse ore della giornata. Matamaka è piccola e ordinata, il prato è curato e ai lati della strada si intravedono giardini altrettanto curati con fiori e alberi. Lungo la strada ci sono delle grandi reti quadrate per raccogliere le lattine, in modo tale che possano essere poi ritirate da qualcuno, portate nella capitale e riciclate. Questo è il luogo che più di tutti mi ha dato serenità e pace. La spiaggia è una lunga lingua di sabbia e coralli, i colori del tramonto si accendono di rosa, poi arancione, poi rosso. Qui ho ascoltato i racconti di un italiano che ha scelto questo posto per viverci e ho scoperto molte storie sulle Tonga. Non solo. Ho visitato la scuola elementare e conosciuto la maestra. Ci sono solo due aule per le sei classi elementari. Fanno i turni. Alle pareti sono appesi gli alfabeti inglese e tongano, la doppia grammatica e alcuni poster per imparare i nomi delle parti del corpo. I libri, l’equivalente del nostro sussidiario, sono a terra, disordinati. I banchi di legno sono pochi e disposti a semicerchio. L’insegnante abita a pochi metri dalle aule, in quello stesso giardino che guarda l’oceano. E’ fiera nel suo ruolo di educatrice, è contenta di mostrarmi le aule. Sono giorni di esami. In quella che è la libreria ci sono due studentesse della sesta classe che stanno sostenendo l’esame di licenza, l’equivalente della nostra quinta elementare. Il prossimo anno le due bambine dovranno muoversi in città, a Neiafu, per continuare gli studi. Andranno a vivere con i parenti che abitano lì che si prenderanno cura di loro. I programmi scolastici seguono un programma ministeriale preciso e non confutabile. Gabriele è ancora troppo piccolo per le elementari, mi avrebbe fatto piacere fargli vivere una esperienza di scuola alle Tonga!
A Matamaka ho anche conosciuto per caso Susi, una donna sui quaranta dallo sguardo dolce e gentile. Lei è in casa e sta insegnando un ballo alla mamma. Mi invita a entrare per assistere alla lezione, poi mi invita a partecipare a un’altra lezione di ballo per quella stessa sera nella sala comune del villaggio. Abbiamo rimandato la partenza alla mattina presto pur di essere lì e avere l’occasione di imparare i balli tongani!
HA’APAI
E’ arrivato il momento di ripartire e cominciare la discesa verso sud per tornare nella capitale, Nuku’Alofa. Dobbiamo navigare per circa 60 miglia per rivedere terra. La navigazione è bellissima, procediamo lentamente con poco vento e mare calmo. Raggiungiamo Ha’ano nel primissimo pomeriggio. Qui c’è un piccolo villaggio che si intravede in lontananza. Scendiamo a terra per fermarci nella spiaggia deserta. L’acqua è cristallina e la visibilità ottima. Rispetto alla Polinesia francese ci sono molti meno pesci ma l’effetto è sempre di grande bellezza. Questo è uno dei regni per i cosiddetti flying foxes, pipistrelli che mangiano foglie e possono avere un’apertura alare di un metro. Vederli in pieno giorno è divertente, sono davvero grandi e saperli innocui è rassicurante.
Scendiamo lungo la costa verso la capitale Pangai. Le Ha’apai sono meno turistiche delle Vava’u, ma ci sono alcuni resort che la rendono altrettanto interessante per un viaggio alle Tonga in armonia con la natura per vedere le balene, fare kayak e stand up paddle. Sappiamo che è in arrivo una perturbazione. Le Ha’apai non sono protette da venti forti perché sono isole basse. Dobbiamo per forza trovare un riparo e l’unica nostra possibilità è raggiungere la capitale Pangai.
Pangai è il centro amministrativo delle Ha’apai, c’è il ministero di giustizia, il ministero della salute, l’ospedale, la banca, la polizia e i pompieri. Noi siamo attaccati all’unica boa dentro al porto. Aspetteremo qui il passaggio della perturbazione in cui si prevedono 30-35 nodi di vento. La cittadina è molto più giovane di Neiafu, ci sono tantissimi bambini che si tuffano vestiti dalle scale del porto e giocano rincorrendo le farfalle. Molte donne ci sorridono e sì, è una cittadina accogliente nonostante l’aspetto decadente. Due anni fa un ciclone ha distrutto buona parte delle case lungo la costa e oggi non le hanno ancora ricostruite. C’è un mercato all’aperto di fronte all’ex mercato del pesce, sono tre-quattro bancarelle che vendono frutta e verdura, qualche vestito usato e poche cose di artigianato. Per comprare pane, riso, acqua, cose in scatola e uova bisogna andare nei tre negozietti di cinesi lungo la strada. C’è un solo bar-ristorante il Mariner’s Cafè, punto di ritrovo dei turisti che vanno lì per internet. Magda, la proprietaria è una polacca che ha sposato un tongano. Ne parlo in questo post dedicato alla celiachia.
A Pangai c’è un museo ormai chiuso e una Public Library. Anche qui ci sono tante chiese di diverse confessioni e la domenica è una festa cantata. Vale la pena partecipare a una messa! Noi siamo andati nella chiesa cattolica di S. Teresa d’Avila.
Passata la perturbazione decidiamo di partire subito verso Haafeva e sfruttare il poco vento per navigare tranquilli.
E’ sempre bello tornare in luoghi dove sei già stato. In questo caso torniamo ad Haafeva con il tempo bello e caldo. Di fronte al vecchio molo ormai in disuso sorge il vulcano Tofua. E’ una immagine insolita ma che riempie l’orizzonte di una storia ancora da scrivere. E’ un vulcano ancora attivo, mentre l’altro, il vicino Koa, è dormiente. So che mi mancherà questa immagine.
Ho voglia di tornare presto al villaggio e questa volta lo raggiungiamo via mare con il dinghy. Lasciamo il gommoncino sulla spiaggia e entriamo, questa volta da soli. Lì c’è Netti, il medico del villaggio. Sta facendo il bucato e si rende disponibile ad accompagnarci per visitare il villaggio. Ci racconta la sua storia. E’ nata e cresciuta a Nuku’Alofa ed è venuta ad abitare qui tre anni fa quando le è stato offerto un posto da medico nell’ospedale di Haafeva. Qui ci sono circa trecento persone, è un villaggio grande e un medico è indispensabile. Con un po’ di dispiacere ci spiega che vede tre-quattro pazienti al giorno e per il resto della giornata non ha altro da fare. Deve curare per lo più malesseri di stagione e malattie della pelle. Può seguire le donne in gravidanza ma per partorire deve mandarle nella capitale perché non ha personale né macchinari per far fronte a eventuali emergenze. E’ una vita tranquilla la sua, forse troppo. Rispetto ai sogni di quando studiava, ogni tanto vorrebbe trovarsi a curare vere emergenze come arresto cardiaco che la costringerebbero a studiare e a mettersi alla prova. Lamenta un po’ di frustrazione Netti, immaginava la sua vita da medico diversa, eppure conferma una serena accettazione e un certo umorismo nel raccontarmi che spesso nel tempo libero dorme! Ci regala delle pannocchie che a noi fanno un gran piacere. Ci spiega che in questa stagione è l’unica cosa che piantano e fanno crescere perché in soli due-tre mesi matura ed è pronta da mangiare. Se coltivassero altro, un ciclone potrebbe portare via tutto.
Salutiamo Netti e il villaggio con un profondo senso di gratitudine. So che questo viaggio di esplorazione nelle Tonga sta per finire e so che senza la barca non sarei arrivata fin qui, non avrei conosciuto questo villaggio e non avrei avuto la possibilità di conoscere tante storie. Questo è il motivo per cui continuo ad andare in barca nonostante il mal di mare non mi faccia godere pienamente la navigazione. Amo l’arrivo e questa esperienza fa sparire in un attimo tutta la fatica e lo stress di essere sballottata tra le onde.
Ormai manca poco. Ci fermiamo di nuovo a Nomuka Iki, questa volta con un tempo splendido. L’acqua ora è bellissima, chiara, calda, cristallina. So che questo è l’ultimo bagno della stagione … uno squalo, il primo quest’anno, viene a salutarmi. So che è venuto per me e sono contenta di poterlo salutare dalla barca.
TONGATAPU
Tongatapu/Pangaimotu – Si conclude qui il nostro viaggio alle Tonga. Sta per arrivare Roberto, un caro amico di Giovanni che farà la traversata con lui. Gli ultimi giorni servono per preparare la barca alla navigazione e organizzare la mia uscita dalle Tonga. Sì. Io e Gabriele prendiamo l’aereo per Auckland mentre Giovanni con Roberto proseguono in barca. La traversata non sarà semplice, il mare può comportarsi in modo molto capriccioso a queste latitudini, per cui io e Gabriele prendiamo l’aereo. Il nostro viaggio prosegue in Nuova Zelanda. Mamma e figlio in un on the road per la Bay of Islands. Se vuoi continuare a leggere le nostre avventure leggi questo post:
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