Nella storia del Pacifico ci sono anche pagine nere, raccontate poco o persino nascoste. Quando si pensa all’Australia ad esempio, la mente va ai Koala, ai canguri, a Uluru e Ayers Rock. Eppure basta approfondire un po’ di più la storia di questo paese per scoprire il fenomeno del “Blackbirding”.
Il termine Blackbirding, letteralmente, sembra derivi dal Blackbird Catching ossia la cattura del merlo e si riferisce a un fenomeno diffuso alla fine del Ottocento in questa zone del mondo. Detto in maniera più semplice, è la tratta degli schiavi ad opera del governo australiano. Oltre 60.000 persone provenienti dalle isole vicine, Fiji Vanuatu Nuova Caledonia, vennero con l’inganno portati in Australia per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero del Queensland.
Servivano braccianti a basso costo e le isole vicine offrivano il necessario.
Ancora oggi è un tema aperto tanto in Australia quanto nelle isole. In Australia, i South Sea Islanders sono una minoranza culturale riconosciuta, per quanto si sentano “al di fuori”. Nelle isole invece c’è il ricordo di un torto che ancora brucia.
A Erromango alle Vanuatu abbiamo incontrato David, un anziano signore che ha il compito di interagire con i forestieri (noi) e ci ha raccontato la storia del Blackbirding.
“Da lì – ci dice indicando con un braccio – sono arrivati tanti uomini con delle grandi navi. Quando sono scesi a terra hanno cominciato a prendere chi trovavano. Li hanno rapiti e portati via. Bambini non hanno mai più visto i loro genitori”.
Emelda Davis, presidente dell’Australian South Sea Islanders Association, una associazione che ha lo scopo di difendere l’identità di questa minoranza, è nata e cresciuta in Australia. Suo nonno venne preso sull’isola di Tanna che aveva 12 anni. Non ci tornò più.
Quando questi uomini raggiungono le coste del Queensland sono già sofferenti. Molti in condizioni precarie, molti muoiono in viaggio. Li fanno lavorare come schiavi, anche dopo l’abolizione della schiavitù. Nel 1901, “The Pacific Island Labourers Act” stabilisce che tutti gli ex deportati debbano tornare nei loro paesi, un modo per farsi perdonare e sistemare la situazione, ma è il caos.
Si considera che il fenomeno del Blackbirding comprenda il periodo tra il 1863 e il 1904. Solo le persone sposate rimasero nel Queensland, le altre costrette a partire, per la seconda volta sradicate dai legami.
“Ma non sapevano neanche dove dovevano tornare!” – mi racconta ancora David a Erromango. “Loro sapevano il nome della loro famiglia e da quello potevano risalire all’isola di provenienza ma non tutti ritrovarono la strada di casa. Alcuni li fecero sbarcare, così, dove capitava. Questi, totalmente smarriti, vennero derubati e uccisi”.
Questa storia è raccontata ancora oggi al museo delle Vanuatu da Edgar, guida ufficiale e appassionato storico del suo paese. Per raccontarla usa il sandroing, una particolare tecnica di cui ho già parlato che usa disegno e voce per spiegare e tramandare importanti storie come queste.
Una storia, l’ennesima, di arroganza e prevaricazione. Un sentimento ambivalente che avevo percepito già in Nuova Zelanda nella lotta tra i Maori e i neozelandesi, dove ognuno lotta per vedere riconosciuto il proprio spazio legittimo.